Organo e culto a Dio
Semplicità del Vangelo e semplicità della chiesa che lo pratica
Gli incontri di discepoli e discepole di Cristo Gesù come chiesa locale sono improntati a quella semplicità che imparano dal Vangelo. Si legge con attenzione la Parola cui seguono spiegazioni spirituali, con canti e qualche preghiera. Il clima è sobrio. Un elemento positivo che caratterizza il riferimento costante al Vangelo è che la chiesa non accoglie la musica strumentale nel culto reso a Dio. Ciò è dovuto non certo a un preconcetto banale verso la musica strumentale, ma perché se si esamina con cura il Nuovo Testamento e la storia, ci si accorge che per secoli la chiesa, almeno su questo aspetto, mantenne una posizione comune non adottando l’uso di strumenti musicali meccanici nel culto al Signore.
I primi cristiani, più vicini di noi al periodo apostolico, avevano compreso bene il valore dell’insegnamento di Gesù e degli apostoli. Si propongono qui alcune citazioni tratte da vari studi, che possono illuminare la mente di quanti si accostano al Vangelo senza preconcetti. La prima citazione è tratta da uno studio di Italo Minestroni che così si esprime:
Mentre gli apostoli, seguendo l’esempio del Maestro che con essi aveva cantato dopo la preghiera la sera dell’ultima Cena (Mt. 26,30), insegnarono ai primi loro discepoli di cantare durante il culto col solo compagno dello spirito del cuore e della intelligenza, gli uomini – senza poter trovare alcun insegnamento biblico – sono ricorsi all’accompagnamento dello strumento musicale, introducendo così nel culto una cosa da Dio non autorizzata né voluta, ma desunta dal paganesimo e frutto di ignoranza della Sacra Scrittura.
Qualche anno dopo, esaminando più compiutamente il significato dei brani biblici riguardanti la Parola di Dio e la musica, Minestroni scrive:
I cristiani non hanno mai ricevuto da Dio l’ordine generico di “fare uso della musica” nel rendergli il culto. Per cui si comprende che non è semplicemente “la musica” che egli desidera nel culto, ma “una musica” di una particolare specie. Poiché la musica è di due specie, vocale e strumentale, occorre vedere se nei succitati passi del N.T. sia stato usato il termine proprio di una delle due classificazioni, e quale sia. (…) Ora da quasi tutti i passi citati risulta chiaramente spesso l’uso delle parole “canto, cantare”, termini propri della musica vocale. Cosicché è certamente la musica vocale quella che è divinamente autorizzata per l’uso nel culto cristiano. Ma i sostenitori della musica strumentale nel culto si aggrappano alla parola “salmeggiare”, che trovasi in alcuni versetti citati (…). La voce “psallo”, secondo loro, includerebbe nel suo significato il suono, che accompagna il canto.
Minestroni prosegue il suo dotto studio dimostrando che
nel Nuovo Testamento psallo viene usato nel significato di “cantare” perché lo strumento con cui deve essere fatta la melodia, secondo la Parola di Dio, è il cuore umano: “Cantando e salmeggiando col cuore vostro al Signore” (Ef. 5,19). Di più, un nuovo elemento risalta ed una nuova restrizione risulta dai citati versetti per ubbidire all’ammonimento di cantare a Dio. Ci si comanda infatti non solo di “cantare inni”, ma che tali inni debbano essere di composizione “spirituale”. Possiamo quindi concludere che è specifico nel N.T. il comandamento di “cantare cantici spirituali”, col quale viene escluso ogni altro genere di musica. Chi pertanto fa uso di qualcosa che va oltre il comandamento di cantare, disubbidisce a Dio (2 Gv. 9-11; 1 Cor. 4,6) ed il suo culto non è più “in spirito e verità”. Nessuno infatti può presumere di cambiare il piano di culto stabilito da Dio (…) togliere o aggiungere qualcosa al volere di Dio è travisare questo volere, è offendere Dio; per questo Dio lo condanna.
Nel 1960, Carl Mitchell, curò la presentazione di uno studio biblico sul culto nel quale si legge:
IL CANTO di “salmi, inni e cantici spirituali” (Col. 3,16; Ef. 4,19). Il vocabolo “canto” significa un canto di lode, perché esso deriva da “psallo” che letteralmente indica “percuotere l’arpa” al nome di Dio. MA IL CUORE È L’ARPA O LO STRUMENTO MUSICALE CHE DEVE ESSERE PERCOSSO NEL NUOVO TESTAMENTO, per cui questo vocabolo nei libri neotestamentari ha assunto il significato di “cantare un inno, celebrare le lodi di Dio nel canto” (Thayer, 675). “Salmi, inni e cantici spirituali” danno l’idea di lode e di insegnamento, ed essi devono esere cantati “al Signore” e “gli uni gli altri” (Col. 3,16). Ed il canto deve essere fatto “con lo Spirito e con l’intelligenza” (1 Cor. 14,15), perché nel canto e col canto il cristiano ammaestra (Col. 3,16).
Un decennio più tardi, argomentando acutamente sul senso del verbo “salmeggiare”, Harold Mobley così si esprime:
È vero che si trova “cantare e salmeggiare” nel Vecchio Testamento qualche volta (5 volte) dove salmeggiare ha il senso di canto accompagnato da strumento. Ma è vero anche il contrario! Cioè, è vero anche che si trovano gli stessi verbi accoppiati (6 volte) dove salmeggiare ha il senso di canto non accompagnato. Perciò, anche se Paolo ha tratto questa espressione dal Vecchio Testamento, non esiste motivo per attribuirgli il senso di canto accompagnato, tanto più che nessuno strumento viene nominato nel passo di Ef. 5,19.
In coerente risposta a queste osservazioni, Fausto Salvoni scriveva:
Mi fa invece piacere l’osservazione di H. Mobley circa il senso di “cantando e salmeggiando” che egli ha trovato in molti altri passi dell’Antico Testamento (sono sei in tutto), nei quali l’espressione sembra avere un senso ridondante e non indicare espressamente “cantando e suonando”. Quindi tra le due ipotesi possibili: “cantare e suonare” e semplice ridondanza semitica per “cantare”, mi sembra che egli abbia portato del materiale assai prezioso in favore di quest’ultima. (…) Mi sembra sia possibile e forse anche più probabile il senso di “cantare e salmodiare”, anziché “cantare e suonare” da me proposto. Quindi il mio ragionamento (in attesa di una indagine più completa), va modificato nel senso suddetto, e ne sono riconoscente al fratello Mobley. Che poi la parola isolata “salmeggiare” al tempo di Cristo abbia il senso di “salmodiare” e non di “suonare”, lo avevo già dimostrato io stesso nel mio studio.
A conclusione si riporta una breve citazione tratta dalla Prefazione all’innario Inni e Cantici Spirituali tuttora in uso presso la chiesa del Signore Gesù Cristo a Pomezia:
(…) Il primo strumento fu introdotto nella Chiesa Cattolica verso il 660 d.C. da Papa Vitaliano, ma non ricevette unanime accoglienza nella chiesa fino a dopo il X secolo (Enciclopedia Americana, XII, 688; Enciclopedia Chambers, VII, 112). Coloro dunque che oggi accettano e praticano l’uso dello strumento musicale nel culto a Dio non lo accettano sull’autorità del Nuovo Testamento, ma sull’autorità della Chiesa Cattolica.
Talvolta i semplici discepoli di Gesù sono considerati faziosi o settari perché non desiderano andare oltre ciò che è insegnato dalle scritture del Nuovo Testamento. La cosa non può dispiacere più di tanto a coloro che amano seguire le orme degli apostoli. Non è forse vero che anche i primi cristiani furono definiti una «setta»? E non è forse vero che, anche tra i credenti, è bene che vi siano delle «sette», «affinché si possano riconoscere quelli che sono fedeli tra voi»? L'invito umile è pertanto a tornare alla bellezza e semplicità del Vangelo anche su questo aspetto.
© R.T. - 2010
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