Riflessioni

Una seconda opportunità per chi, invecchiando, cerca davvero Dio ed è seriamente interessato a fare la volontà Sua.

Invecchiare (e forse morire) con o senza Dio La fede in Cristo è cosa talmente bella ma anche talmente seria che tutti noi, peccatori invischiati di insufficienza morale, abbiamo bisogno di una seconda opportunità per innestarci alla salvezza che è in Cristo Gesù. A che cosa pensa il vecchio quando gli occhi gli si fissano nel vuoto e le orecchie ricevono il brusìo inascoltato delle chiacchiere di altri vecchi seduti con lui al fresco? Pensa forse alle parole dell''ultima messa alla quale da un po'' di tempo ha cominciato ad andare? No, non le ha capite; proprio come forse non udrà né capirà le parole dell''estrema unzione... Come mai la vita di Dio e con Dio resta così nascosta e ignota anche alla mente di molti vecchi? Non sempre è stato così. Non sempre l''età anziana è stata caratterizzata da passività spirituale. Ci sono anche persone che sono invecchiate dopo aver conosciuto Cristo Gesù, dopo averlo compreso, apprezzato, amato per lungo tempo. Poi i flagelli della vita, le delusioni, i ricatti morali, le relazioni spezzate hanno fatto invecchiare le persone, le hanno fatte invecchiare dentro. Lontani da Cristo si invecchia più facilmente dentro, oltre che fuori. Camminano a testa bassa, incanutiti, amareggiati; forse privi di pensieri? Loro, che nella vita avevano affrontato e risolto tanti problemi proprio pensando e ragionando e facendo. Eccoli seduti sulla panchina della vita, al parco o davanti al televisore, gli occhi fissi a guardare il niente. È indegno della persona umana invecchiare (e forse morire) senza Dio. Eppure non sempre è stato così. Non sempre l''età anziana è stata caratterizzata da una tale assenza spirituale. Un''antica breve citazione della vita di Abramo così recita: La durata della vita di Abramo fu di centosettantacinque anni. Poi Abramo spirò e morì in felice canizie, vecchio e sazio di giorni, e si riunì ai suoi antenati. Lo seppellirono i suoi figli, Isacco e Ismaele, nella caverna di Macpela, nel campo di Efron, figlio di Zocar, l''Hittita, di fronte a Mamre. È appunto il campo che Abramo aveva comperato dagli Hittiti: ivi furono sepolti Abramo e sua moglie Sara. Dopo la morte di Abramo, Dio benedisse il figlio di lui Isacco e Isacco abitò presso il pozzo di Lacai-Roi (Gen. 25, 1 ss.). Abramo fu un uomo dotato di una sana fiducia in Dio. È probabile che per seguire l''impulso di quella sua fede fiduciosa diversa dovette lottare contro il "parentado e la casa di suo padre" di origini caldee pagane (Gn. 12,1). La fiducia in Dio lo indusse a un viaggio lungo e del tutto privo di un programma preciso e preordinato, partì infatti "senza sapere dove andava" (Eb. 11,8b). Non si scoraggiò nel vedere che Cananei idolatri vivevano stabilmente nel paese che Dio gli aveva promesso (Gn. 12,6). La sua fiducia nel "nome dell''Eterno", cioè nella persona del Dio che a lui si era rivelato, non vacillò neppure a causa dell''instabilità della vita nomade che conduceva, costretto a proseguire il suo viaggio di fede "da un accampamento all''altro" (Gn. 12,9). La sua fede non gli impedì di far uso di qualche trucco nel corso della vita, come quando indusse la bella moglie Sara a mentire, facendosi passare per sua sorella, per evitare che qualche potente egiziano lo uccidesse per portargliela via. L''inganno fruttò molti beni ad Abramo (Gn. 12,16), ma costò caro al faraone che aveva tentato di prendersela come compagna (Gn. 12,11). Ne seguì l''espulsione ufficiale di Abramo e della sua gente dall''Egitto (Gn. 12,20). Era un uomo che volentieri adorava l''Eterno (Gn. 13,4), ma le sue ricchezze lo misero in urto col nipote, Lot, provocando la divisione pacifica del clan familiare (Gn. 13,11b). Abramo non s''impensierì più di tanto quando Lot scelse di abitare la fertile pianura del Giordano, risiedendo fra gli "scellerati" abitanti di Sodoma, ma fu lesto a organizzare una specie di guerra lampo, con 318 armati fidati, per liberare Lot, catturato da certi re (Gn. 14,10 ss.). In quest''occasione dimostrò d''essere uomo di parola, di fede e di cuore. Incontra il sacerdote Melchisedec che lo benedice, e Abramo gli dona la decima del bottino di guerra. Quando il re di Sodoma lo esorta a prendersi il resto del meritato bottino, Abramo risponde: "Nulla per me!" (Gn. 14,16 ss.). Quest''uomo era ricco ma stranamente non riponeva alcuna fiducia nelle ricchezze, confidava invece "nell''Eterno, che gli contò questo come giustizia" (Gn. 15,6). La iniziale sterilità della moglie, Sarai, riesce forse a seminare qualche ragionevole dubbio nella mente dell''uomo di fede, al quale Dio ha promesso una progenie numerosa come le stelle: "Guarda il cielo, e conta le stelle, se le puoi contare" (Gn. 15,5). Il figlio Ismaele, avuto da Agar, schiava di Sarai, non è la risposta divina alle garanzie di discendenza chieste da Abramo (Gn. 16; 17,17). La garanzia divina sta invece nel repentino cambiamento di nome di entrambi i membri di questa coppia posta all''origine del rapporto di fede fiduciosa tra uomo e Dio: Abramo (= patriarca) diventa Abrahamo (= padre di una moltitudine), e Sarai diviene Sara (= principessa; Gn. 17,4.15). Ora che Abrahamo è vecchio e fiacco, ora che Sara è vecchia e priva dei "corsi ordinari delle donne" (Gn. 18,11), proprio ora è il momento giusto per la nascita di un figlio tutto loro - i postmoderni stanno ancora discutendo sul sesso dei vecchi, mentre una volta si parlava forse meno ma ci si dava da fare. All''inizio la faccenda suscita la ilare ironia di Sara, la quale, più tardi, riderà felice quando le crescerà il pancione e Isacco verrà al mondo: "Dio mi ha dato di che ridere, e chiunque l''udrà riderà con me" (Gn. 18,12 ss; 21,6). Abrahamo e Sara sono entrambi vecchi e deboli, adattissimi perciò ad attuare in concreto il criterio biblico secondo cui "la potenza di Dio si dimostra perfetta nella debolezza" (2 Cor. 12,9; molto strano, invece, come certi religiosi abbiano bisogno sempre di poteri e potenze e di grandi mezzi e metodi per dimostrare la cosiddetta potenza di Dio). Ci si ferma qui nel ripercorrere la vita e le scelte esistenziali di Abrahamo delineate nel testo biblico e qui sintetizzate. Chi vuole può proseguirne la lettura interessante e illuminante. Ci si ferma qui per dire che Abrahamo e Sara furono vecchi diversi. Diversi perché invecchiati con Dio; diversi perché tali erano anche da giovani. Hanno vissuto amando Dio e amando la vita - ma dove è mai scritto che l''amore di Dio coincide con la negazione dell''amore per la vita? Erano state due persone di fede anche a quaranta, a cinquanta o a sessant''anni (e oltre). Non avevano dimenticato che beni, lavoro e figli, insieme a problemi, dolori e sofferenze erano/sono doni dell''Eterno, e non erano stati ingrati verso di Lui: "Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra, e Dio gli parlò..." per cambiargli il nome, cioè per dargli una missione dalla prospettiva infinita (Gn. 17,3). Quei quarantenni, cinquantenni o sessantenni (e oltre) che hanno avuto la benedizione di conoscere Dio - o meglio di essere stati da Lui conosciuti - e se ne stancano e Lo abbandonano per tornare alla superficialità pagana caldea o italica, mostrano di aver dimenticato il nome nuovo che Dio aveva loro dato e che essi hanno disprezzato. In vecchiaia avranno forse solo la consolazione di qualche mesta fotografia ingiallita. Abrahano e Sara invece sono diversi perché invecchiati con Dio: credendo e talvolta anche dubitando, adorando e dicendo talvolta anche qualche sciocchezza, ironizzando sui casi della vita e meravigliandosi dei doni di Dio, vedendo i propri corpi cambiare e indebolirsi, ma mantenendosi giovani dentro. Perchè è la fede fiduciosa in Dio che rende giovane la persona interiore (2 Cor. 4,16 ss.). Vediamo in breve come è andata a finire la storia. Melchisedec: è la straordinaria figura (tipo) di Cristo Gesù, il sacerdote dotato di un "sacerdozio intrasmissibile" (Eb. 7,24; del tutto incomprensibili sono quindi le pretese di coloro che oggi si presentano come "sacerdoti" o gruppo elitario di credenti dotati di poteri...). Abrahamo: "spirò e morì in felice canizie", però è diventato davvero "il padre di una moltitudine", cioè di tutti coloro che come lui iniziano e proseguono fino alla fine il viaggio della vita nella fede fiduciosa che fu di Abrahamo, ma anche e soprattutto di Cristo Gesù. Con buona pace di chi venera un''altra madre dei credenti, è Sara idealmente la madre di tutte le donne credenti, come lei ironiche e sorridenti, amabili e caste, intelligenti e argute, che mantengono e curano la fede preziosa senza tradirla e senza disprezzare le anime di figlie e figli togliendo loro con violenza l''opportunità di crescere nel Signore (1 Pt. 3,1-6). E le stelle del cielo, che fine hanno fatto, dove stanno? Sono la moltitudine - contata però da Dio e non dagli elenchini umani - che ieri, oggi e domani fu, è e sarà la chiesa vera appartenente a Dio; la chiesa di quanti credono, ma talvolta dubitano, adorano in Spirito e verità e dicono anche qualche sciocchezza, ironizzano sui casi della vita e ancora si meravigliano della grazia/dono di Dio in Cristo Gesù, vedono i propri corpi cambiare e indebolirsi, e qualche volta fanno anche l''amore (con la moglie o col marito, se hanno la benedizione di avere un coniuge), ma soprattutto si rinnovano di gioventù interiore. Perchè è la fiducia in Dio che rende giovani dentro mediante Cristo Gesù. Gli occhi di questi vecchi giovani non sono fissi nel vuoto né inebetiti da insulsi programmi televisivi. Lo sguardo è pieno d''esperienza ma anche di ravvedimento, perciò è limpido, rivolto al Signore. In tempi babelici, dinanzi alla marea della superficialità, di fronte alla sola globalizzazione riuscita, quella dell''ignoranza, in condizioni di religiosissimo rumore di fondo, il popolo di Dio si attiene con semplice umiltà alla "pazienza e alla consolazione delle Scritture" che mai tradiscono la speranza fiduciosa, perché in esse è Dio stesso che finalmente parla (Rom. 15,4). Si sta dunque nella chiesa fedele al Signore per vivere, spirare e morire in felice canizie, per morire "nel Signore" dopo aver faticato con Lui, per andare "col Signore" (Ap. 14,13; Filip. 1,23). © Riproduzione riservata (2012 - R.T.)

Vedi allegato

Torna alle riflessioni