Riflessioni

PARRARI CU BONA GRAZIA

Parrari cu bona grazia È la conoscenza dell’evangelo che può produrre la fiducia di cui oggi si ha tanto bisogno Si vive nell’era della comunicazione facile e veloce, ma si rischia di utilizzare le parole in modo infelice, perché le parole non sempre esprimono chiarezza di pensiero e coerenza con quello che si fa. Scrive Paolo apostolo: “Nessuna PAROLA malvagia esca dalla vostra bocca, ma se ne avete una buona per l''edificazione, secondo il bisogno, ditela affinché CONFERISCA GRAZIA a quelli che ascoltano”. Questo consiglio ricorre nella seconda metà della Lettera agli Efesini, densa di consigli pratici sulla vita quotidiana del credente. Una prima parola di questa lettera è “benedizione”, cioè “ringraziamento” rivolto a Dio, che dona ai credenti ogni dono spirituale in Cristo, il “suo amato”. Con Cristo si ottiene la liberazione “mediante il suo sacrificio”, il perdono dei peccati secondo il dono/grazia di Dio. Tutto ciò regala al credente “ogni genere di sapienza e di intelligenza”, perché egli conosce la volontà buona del Padre. Non è un peccato che oggi tanti non credano in Dio? Non è un male che molti non si fidino né si affidino né confidino più in Cristo? Quali doni pèrdono! A quali benedizioni rinunciano! Ma la parola di benedizione e la realtà del sacrificio di Cristo sono ancora a disposizione di chi umilmente le vuole accogliere. Una seconda parola è “evangelo della salvezza”. È la conoscenza dell’evangelo, infatti, che può produrre la fiducia, quella di cui anche oggi sia ha tanto bisogno. L’evangelo presenta un Cristo non di gesso, di legno, morente, morto, muto, ma il Cristo re e Signore vivente che parla al cuore della persona per instillare fiducia e grazia e pace. È proprio lui che consente di ricevere “il sigillo dello Spirito” di Dio. Quando infatti la persona acquista o riacquista la fede fiduciosa nel Cristo e si rende conto della propria CONDIZIONE MORALE E SPIRITUALE, ecco che può rinascere a una vita nuova, mediante la rinascita d’acqua e di Spirito. E a questo punto può ricevere un pegno specialissimo, un sigillo particolare, quello dello spirito del Signore, che è garanzia di vita con Dio oggi e di risurrezione domani. Perché non ricercare da oggi la vera fede fiduciosa che solo la parola della grazia di Cristo può donare? Quello appena descritto è il processo di “vivificazione”: ecco una terza parola rilevantissima della lettera ispirata da Dio. Molti, scrive Paolo, seguono l’andazzo del mondo. Gesù aveva detto “molti seguono la strada larga...” che è la strada del “principe della potestà dell’aria”. C’è forse una punta d’ironia in questa espressione? Satana, l’avversario dell’uomo, regna “sull’aria”, sul vuoto, sul nulla. Ciò non vuol dire che non sia pericoloso. Genera infatti rivolte contro Dio, strane voglie generate da strani pensieri, ire mosse da ogni minima causa, pensieri superficiali e quindi vuoti, oscuramento delle intelligenze, ignoranza, menti sclerotiche, perdita dei sentimenti, dissolutezze di ogni genere, passioni ingannevoli, la menzogna come stile di vita, ladrocinio. Questo elenco delinea e caratterizza la vera morte, quella interiore. Qui sta la necessità della vivificazione prodotta da Dio “con Cristo”. Egli mostra così la “ricchezza immensa del suo dono”, cioè la “benignità” che egli ha avuta VERSO TUTTI in Cristo. Così si passa dalla morte nel male alla vita in Cristo Gesù. Beato chi accoglie il suo dono inestimabile! “CAPO” è un’altra parola fondamentale che compare all’inizio di questa lettera scritta ai discepoli di Efeso e ispirata da Dio. È il momento in cui Paolo loda ed esalta la “potenza immensa” di Dio. L’uomo moderno, abituato a confidare nelle varie potenze economiche, politiche, sociali, non può neppure immaginare quanto sia potente la... potenza di Dio. Le potenze mondiali sono caduche, transitorie, e spesso arrecano danni e morte. La potenza di Dio è eterna e apportatrice di vita. Ciò si è già dimostrato con la risurrezione di Gesù dai morti. Con questo atto potente, documentato nel Nuovo Testamento, attestato dalla parola degli apostoli, Dio ha posto Cristo Gesù come Signore “al di sopra di ogni autorità e potestà e signoria e di ogni altro nome che possa essere nominato non solo in questo mondo ma anche in quello futuro. Tutto egli [Dio] ha assoggettato ai piedi di Cristo e LO HA DATO COME CAPO DI TUTTO alla chiesa, che è il suo corpo...”. La chiesa ha Cristo come suo capo. Cristo è però capo non solo della chiesa ma “di tutto”, cioè di ogni cosa, come dice il testo greco. Cristo, e solo lui, è il “sommo pastore”. Di qui la domanda: chi sono coloro che vengono nominati e acclamati da altri uomini come “capi” di chiese in oriente, in occidente, in Inghilterra, in America...? Essi debbono vedersela con il “capo” che è Cristo. Pietro, che presenta se stesso come “presbitero” e null’altro, scrive che Cristo Gesù, e solo lui, è il “sommo pastore”. Questa realtà è di grande conforto per il credente, il quale nulla può temere, in quanto nulla esula dal dominio di Cristo: a lui, e solo a lui, è stata data da Dio “ogni autorità in cielo E SULLA TERRA”, come scrive Matteo. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli – 06 2018 cnt2000@alice.it

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