Riflessioni

Le lacrime delle donne

Il verso di una vecchia canzone diceva “le mamme piangono, i bimbi crescono”, per descrivere quelle sofferenze materne grazie alle quali tutti noi siamo cresciuti. Ma non sono soltanto le mamme a piangere. Piangono le donne, tutte. Piangono giovani ragazze per le violenze subìte nelle metropoli anonime, ma anche nei piccoli paesi. Piangono le baby-prostitute con cui si sollazzano sporchi turisti. Piangono mogli costrette a subìre violenze verbali e fisiche di mariti frustrati e frustranti. Piangono madri che hanno perduto i propri figli in guerra. Piangono mogli diventate giovani vedove di minatori uccisi dai crolli in Sardegna o in Ucraina. Piangono fidanzate di kamikaze e piangono madri che hanno avuto i propri bambini uccisi dagli attachi dei terroristi o dalla difesa dei soldati. Piangono donne i cui uomini sono preda del racket della malavita. Piange la donna il cui uomo è invasato dal demone del gioco o dell’alcool. Piange la madre del giovane drogato. Piangono le mogli di giovani scapestrati, privi di ogni valore nella vita. Piangono giovani africane costrette a fare chilomentri ogni giorno per andare al pozzo ad attingere l’acqua. Piangono di rabbia le donne costrette a subìre toccamenti e trattamenti umilianti negli uffici e nei posti di lavoro. Nel Vangelo una giovane donna s’inchina a Gesù; piange e comincia a rigargli di lacrime i piedi, baciandoli e ribaciandoli (Luca 7). Una scena a dir poco imbarazzante, visto che Gesù è a tavola con gli amici. Ma quelle sono le lacrime che sgorgano profonde da un animo pentito, che si ravvede del proprio peccato e chiede a Gesù, silenziosamente, un aiuto per cambiare vita. Gesù riconosce la sincerità di quelle lacrime e dice: “Le sono perdonati i suoi peccati, perché ha molto amato; ma colui a cui poco è rimesso, poco ama”. Le lacrime possono essere espressioni purissime di un grande amore, richiesta muta di perdòno. Ma possono anche esser segno esteriore della stizza di un’anima nera, che vede frustrati i propri disegni malvagi. Non Dio, ma l’animo umano è il vero mistero. Gesù condotto al Golgota viene seguito da una processione di donne che piangono per lui. Egli si volta e dice: “Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli. (…) Perché se fanno queste cose al legno verde, che sarà fatto al legno secco?” (Luca 23). Con la breve parabola del legno, Gesù prefigura sofferenze, fame, carestie, stragi, e la guerra che avrebbero sconvolto la Palestina ebraica del primo secolo. Non la fine del mondo, ma la fine di “un” mondo, culminata con la distruzione di Gerusalemme ad opera delle legioni di Tito (nel 70 d.C.). Da allora altri mondi sono stati annientati e le donne hanno continuato a piangere: donne Incas; donne indiane dell’America del nord; donne armene; donne curde; donne palestinesi; donne ebree… Caino continua la sua instancabile opera di morte e sterminio. Questo mondo somiglia sempre più ad un vecchio albero di legno secco, sempre pronto per il fuoco: fuoco innescato dall’invidia, dalla presunzione, dall’orgoglio, dall’interesse economico. Soltanto volgendosi al Dio della misericordia e della severità l’essere umano potrà ritrovare la propria “umanità” in Cristo, sentimenti alti e condizioni sobrie di esistenza morale e di vitalità spirituale. L’Iddio che si rivela in Gesù è colui che può consolare di tutte le lacrime versate. Secondo la visione sublime di Giovanni: “Dio asciugherà ogni lacrima dagli occhi loro e la morte non sarà più; né ci saranno più cordoglio, né grido, né dolore, poiché le cose di prima sono passate” (Apocalisse 21). Millenni or sono gli uomini avevano saputo che l’Uomo è immagine di Dio. Poi l’hanno scordato. È tempo di ricordarlo. È tempo di cercare Dio, prima che si faccia tardi.

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