Riflessioni

Gesù Ministro di un Governo Mondiale?

ROBERTO TONDELLI Gesù Cristo come Primo Ministro? Biblica 8 Il pericolo più grande per la chiesa è la mondanità spirituale (Henri-Marie de Lubac, 1896-1991) _____________________________________________________________________________________ © Roberto Tondelli - Gesù Cristo come Primo Ministro? chiesa di Cristo Gesù largo Gofredo Mameli, 16A I - 00040 POMEZIA-ROMA (RM) www.chiesadicristopomezia.it www.chiesadicristoroma.it tel.: 339 5773986 - 06 98251216 ROMA, SETTEMBRE 2011 Gesù Cristo come Primo Ministro? La notizia ha già turbato le ferie agostane, ma è di quelle destinate a importunare l’autunno prossimo e non solo. Ricorrendo a un’immagine manzoniana, si può dire che come il fulmine tiene dietro al baleno così questa notizia scoppia da oriente a occidente: affondano le borse (pronte a riemergere); crollano i mercati globali (pronti a ricostruirsi); crollano le potenze economiche (pronte a riprendersi); il motore del mondo si ferma (pronto a ripartire); la crisi è planetaria (e locale); si parla di Armageddon (economica) globale. Però forse non tutti i lettori colgono quest’ultimo riferimento apocalittico adottato in un recente articolo. Chi invece quel riferimento pensa di intenderlo a volo sono i seguaci della Torre di Guardia, gli amici testimoni di Geova. Dinanzi alla catastrofe universale essi non paiono scomporsi; anzi sembrano dire: Noi ve l’avevamo detto. Inutile cercare di far loro intendere che così dicendo si rendono antipatici. Bisogna comprenderli. Essi pensano di parlare a nome di Geova Dio e perciò non si curano dell’antipatia suscitata negli altri. Anzi insistono, e ogni tragedia naturale e dramma economico sociale costituisce per la Torre di Guardia un buon motivo per ribadire un concetto favorito: questo mondo va male, molto male; ma Geova Dio sta per intervenire; poteri e potenze di questo mondo stanno per essere distrutti; Geova Dio stabilirà il governo mondiale capeggiato da Gesù Cristo. Questo è l’annuncio ribadito dai muezzim – ci si passi l’immagine – dall’alto della Torre di Guardia: la madre di tutte le tragedie precederà il governo di Gesù Cristo in questo mondo. Questa prospettiva viene proposta in modo allettante e convincente anche agli italiani, che nell’accoglierla sono favoriti rispetto ad altri da due condizioni nazionali: (1) la nostra ignoranza atavica del testo biblico e (2) l’auspicio (vano?) di riuscire a cambiare qualcosa a forza di elezioni politiche, amministrative e referendum popolari. La seconda condizione è nota e condivisa dai molti che sembrano essersi arresi alla filosofia gattopardesca: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Eppure, a pensarci bene, chi non voterebbe per Gesù Cristo primo ministro? Chi non desidererebbe avere per capo del governo (globale) colui che con una parola può risolvere il problema sanitario mondiale guarendo di colpo “tutti” i malati (Mt. 8,16)? Chi non applaudirebbe come primo ministro universale colui che con una parola è capace di sfamare migliaia di persone (Gv. 6,13 ss.)? Infatti fu proprio per questi motivi che il popolo cercò di farlo re; ma chissà perché Gesù rifiutò l’offerta, abbandonò le folle, si ritirò su un monte, preferì starsene “tutto solo” (Gv. 6,15). Comportamento molto significativo il suo. Comportamento che potrebbe e dovrebbe far riflettere gli amici testimoni di Geova che con ben poca originalità ripropongono oggi un Gesù primo ministro di un governo mondiale... Quanto alla prima condizione – ignoranza straordinaria e diffusa della Bibbia in Italia –, è proprio grazie ad essa che quasi nessuno sa realmente leggere i brani citati dalla Torre di Guardia (e dai testimoni di Geova). Si tratta quasi sempre di testi citati fuori luogo per avvalorare questa o quella opinione; spesso sono brani raccattati qua e là, addizionati assieme come si potrebbero addizionare patate, pomodori e fagioli; brani tratti dalla letteratura apocalittica coi significati più strampalati; brani spesso citati fuori del loro contesto immediato e in contraddizione col pensiero biblico più evidente. Ma gli amici testimoni di Geova non possono accorgersene, perché la completa accettazione mentale del sistema Torre di Guardia che da loro si esige li priva immediatamente di ogni minimo senso critico. Così essi sono resi incapaci del più semplice dei confronti, del più lineare dei ragionamenti e persino delle domande più ovvie. Una, ad esempio, potrebbe essere questa. Che ne è stato del baccano mondiale suscitato a metà degli anni settanta dai capi e profeti della Torre di Guardia con l’annuncio insistente e sicuro della fine del presente sistema di cose pronosticata per l’autunno del 1975? È notorio che più o meno dalla metà dell’Ottocento gli studenti della Bibbia, detti poi testimoni di Geova, propagandano profezie rivelatesi regolarmente fallaci. Se non avessero rinunciato a ragionare, potrebbero chiedersi: la legge mosaica ordinava la pena capitale per il falso profeta (Deut. 18,15 ss.); che fare con coloro che, capi della Torre di Guardia ispirati da Geova (?), hanno espresso la profezia del 1975? Ma c’è da immaginare che il Comitato Direttivo della Torre di Guardia avrà trovato da tempo una qualche buona scusa per arginare il flusso di adepti fuoriusciti per quella predizione tanto memorabile quanto fallace, e per giustificare biblicamente (?) il suo mancato adempimento. All’italiano che ignora perfettamente la Bibbia, parole e citazioni dei testimoni di Geova paiono dettate da cultura biblica. Invece esse sono il frutto della ripetizione pedissequa e acritica di quanto hanno letto sulle pubblicazioni della Torre di Guardia. È tanto, tanto facile ripetere a memoria versetti e ragionamenti degli articoli letti sui fascicoletti de “La Torre di Guardia”... infatti è molto più semplice che leggere un brano biblico, magari non capirlo di primo acchito, mettersi a studiarlo confrontandolo coi possibili brani paralleli, fare una ricerca seria in biblioteca, discuterne con altri per confrontare liberamente i diversi punti di vista. Invece, la presunta esistenza di un’autorità infallibile centrale (per esempio il Comitato Direttivo) toglie tutto questo lavoro e sforzo fisico e mentale; evita ogni discussione e ogni possibile confronto. Ma alla persona che si affida all’autorità (presunta) infallibile viene tolto anche ogni senso critico e ogni capacità di comparazione, anzi le viene tolta ogni fiducia di poter comprendere da se stessa il messaggio essenziale del Vangelo. Così l’individuo diventa dipendente e non-pensante. E facilmente controllabile. Il rischio di costituire un’autorità centrale è presente sempre. Si pensi alla chiesa cattolica (che pure consente agli studiosi facoltà di ricerca e discussione, almeno fino a un certo punto) o al comitato di predicatori che più o meno apertamente diriga una chiesa nazionale. Se ci si familiarizzasse col testo biblico, leggendolo con pazienza e preghiera, senza ricercare nella Bibbia dottrine preconcette, si comprenderebbe (1) che la sola autorità è quella di Cristo Gesù, espressa nella parola degli apostoli; (2) che questa autorità non ci esime però dalla fatica dello studio, del confronto e persino dal rischio di errare (quante volte Gesù stesso fu frainteso o non compreso!); (3) che molti brani citati a memoria dagli amici testimoni di Geova hanno poco o nulla a che fare con gli attuali disastri nazionali o internazionali; (4) che drammi di varia natura hanno accompagnato l’esistenza umana sin dal suo primo apparire sulla terra; (5) che tragedie piccole e grandi dovrebbero indurre l’essere umano al ravvedimento personale invece che al profetismo (rivelatosi falso) e al giudizio verso il prossimo, colpevole di non aprire la porta di casa e del cuore agli insistenti seguaci della Torre di Guardia; (6) che le cose essenziali alla salvezza stanno alla superficie del testo biblico e sono facilmente comprensibili a tutti; ci si può quindi fidare e affidare al Vangelo imparando da esso la piena certezza di fede, per ubbidire di cuore alla parola del Cristo. 1. I testimoni di Geova continuano a osservare i “segni dei tempi”. Guerre e crisi significano, secondo loro, la fine imminente del presente sistema di cose. È vero che anche Gesù fu ottimo osservatore di fatti e momenti del suo tempo, ma egli ne trae insegnamenti e criteri del tutto opposti a quelli inculcati dalla Torre di Guardia. Gesù infatti insegna a non farsi tesori in questo mondo (Mt. 6,19 ss.), insegna a confidare umilmente nel Padre (Mt. 11,25 ss.). La Torre di Guardia, invece, non solo continua a sbagliare profezie, ma continua soprattutto ad ammassare beni materiali sotto forma di beni immobili e propone ai seguaci sogni materialistici, in totale spregio a un principio fondamentale di Cristo Gesù: Non vi fate tesori su questa terra. Se davvero Geova Dio sta per attuare un nuovo ordine mondiale, quale importanza può mai avere per Lui Possessore di ogni cosa (Sal. 24,1) che la Torre di Guardia abbia il possesso di beni e latifondi in tutto il mondo? La Società Torre di Guardia pensa davvero di poter dare qualcosa a Colui che tutto possiede? La concezione secondo cui i beni immobili conferiscono gloria e rilevanza al movimento (chiesa, comunità, gruppo religioso) non è nuova e non appartiene certo solo della Società Torre di Guardia. Si tratta di una forma di capitalismo immobiliare a scopo religioso (religioso?) parecchio diffuso che ben di rado tiene nel debito conto le condizioni reali dei gruppi di credenti. Si consideri il seguente esempio ipotetico ma galileiano. Supponiamo che una chiesa a Firenze si trovi a possedere e utilizzare un luogo di riunioni del valore di vari milioni di euro. Decide di promuovere un convegno; ma per varie ragioni invita i convenuti presso una vicina proprietà del valore di vari altri milioni di euro: un bel possedimento situato in posizione ridente, una proprietà accogliente, attraente, anche perché recentemente ben ristrutturata a un costo considerevole. Il convegno riesce assai bene, come tutti i convegni. I convenuti si rallegrano assieme, ritenendosi benedetti da Dio. Eppure… chissà se c’è fra loro chi rifletta sul fatto che, mentre alcuni fanno sfoggio di proprietà multimilionarie, nel frattempo ci sono (per ipotesi) comunità locali che o non riescono a pagare l’affitto mensile del luogo di riunioni, rischiando così molto seriamente di chiudere i battenti, o possono permettersi un luogo decente solo a costo di grossi sacrifici? Non sarebbe questo un caso (ipotetico) in cui alcuni pensano solo alle loro proprietà e per nulla alle altrui fraterne esigenze? Ovvero, espresso con una immagine, non sarebbe questo un caso (ipotetico) da meditare alla luce di quelle parole: “…ciascuno pensa a prendere la propria cena, e mentre l’uno ha fame, l’altro è ubriaco”? Non sarebbe questo un caso (ipotetico) di possibile “disprezzo verso la chiesa di Dio” perché quelli che possiedono non molto ma moltissimo “fanno vergogna” a quelli che “non hanno nulla” (1 Cor. 11,21)? E da ultimo, sebbene sia l’istanza primaria: dov’è qui l’attuazione pratica di quel “principio di uguaglianza” secondo il quale “chi aveva raccolto molto non ne ebbe di più, e chi aveva raccolto poco non ne ebbe di meno” (2 Cor. 8,13 ss.)? Certo, questo è solo un esempio ipotetico galileiano, come sono ipotetiche galileiane le domande che ne derivano. Ma è lecito nutrire qualche dubbio che la risposta a questo genere di esempi e domande la si possa rintracciare sul prossimo numero di “Svegliatevi” o che se ne possa discutere liberamente al prossimo convegno. Un certo cristianesimo – fatto di schemi mentali precostituiti, manualetti per la predicazione e libretti pensati apposta per i fedeli – ignora ovviamente questo tipo di problemi ipotetici galileiani. In un estremo tentativo di convincere i propri inquisitori, Galilei scrisse che la Scrittura propone la salvezza spirituale, ma mostra il mondo così come l’occhio umano lo percepisce. Al che si aggiunga che il Vangelo di Dio è scritto per interrogare coloro che, con leggerezza gerasena e con tanta tanta gioia spirituale (with so much spiritual joy), si dicono religiosi, cristiani e persino testimoni di Dio. 2. La Torre di Guardia non segue il Vangelo. Essa infatti ha trasformato la chiesa del Vangelo (Mt. 16,16-18; 18,20 ) in una superstruttura di tipo economico e anche politico. Mentre infatti considera satanici i governi di questo mondo, essa stipula con loro trattati che garantiscono indubbi privilegi economici alla Torre di Guardia stessa. La quale ignora dunque volutamente e di fatto la parola di Gesù secondo la quale il suo regno “non è di questo mondo”. 3. La Torre di Guardia non segue il Vangelo. Essa infatti trasforma l’evangelizzazione in propaganda, cioè in mera azione pubblicitaria porta a porta secondo un metodo di vendita sviluppato in America nella prima metà del XX secolo, ma sconosciuto a Gesù e agli apostoli. L’evangelizzazione secondo Cristo è annuncio del reame di Dio nel cuore degli uomini (Mc. 1,14 s.); per Gesù l’evangelizzazione è risposta alla ricerca di verità (Atti 8,27 ss.); l’evangelizzazione è presentazione e quieta accettazione della persona di Cristo Gesù (Atti 8,5 s.). Ma la Torre di Guardia fa pura propaganda di dottrine preconfezionate funzionali al suo sistema particolare. L’annuncio di Cristo è aperto alle esigenze morali e spirituali della persona umana e si confronta con esse per risolverle alla luce del Vangelo. La propaganda della Torre di Guardia, invece, è perfettamente chiusa e autoreferenziale; sin dall’inizio l’indottrinamento scoraggia, e di fatto impedisce, ogni genere di confronto ragionato. 4. La Torre di Guardia non segue il Vangelo. In ossequio a uno strano genere di unità, tutti i testimoni di Geova debbono fare e dire le stesse cose, vestire allo stesso modo, mostrare lo stesso atteggiamento mentale dinanzi agli altri. Se questo genere di unità sia reale o apparente è un problema che esula da queste note. I testimoni di Geova distribuiscono ubbidienti gli stessi opuscoli, che dicono a tutti le stesse cose, presentando gli stessi esempi morali. Tutto ciò – così si ritiene – fonda e mantiene l’unità del gruppo, è ciò che cementa assieme tutti i testimoni di Geova; che infatti sono fra loro tutti uguali, ragionano tutti alla stessa maniera, dicono tutti esattamente le stesse cose e proprio con le stesse parole. Inoltre, cosa ancor più strana, polarizzano l’ambito religioso in modo che c’è addirittura chi sembra nutrire una certa qual considerazione per questo genere di unità, al punto da cercare di imitarla. Eppure, a ben vedere, questa non è affatto l’unità di cui parla il Nuovo Testamento, non è l’unità santa per cui pregò Gesù prima del suo arresto (Gv. 17). La Torre di Guardia, infatti confonde unità con uniformità, mentre fra le due realtà esiste una differenza profonda. I quattro vangeli (ispirati da Dio) mostrano fra loro evidenti difformità nella presentazione di Gesù, pur nella loro sostanziale unità nella fiducia della risurrezione. Paolo e Giacomo (ispirati da Dio) non sono affatto uniformi nella presentazione della fede, pur rimanendo viva la loro perfetta unità in Cristo, cioè nella parola di Dio (Gv. 17,17). A Gerusalemme, il modo di predicare di Pietro (ispirato da Dio, Atti 2) è ben diverso dalla modalità scelta per esempio da Paolo ad Atene (ispirato da Dio, Atti 17). Paolo stesso adotta registri diversi tra loro a seconda del pubblico che ha dinanzi (1 Cor. 9,19 ss.). Insomma, nel Nuovo Testamento si riscontra certamente l’unità in Cristo e nella parola apostolica, ma non la fissità maniacale, non il culto dell’uniformità cui sono costretti tutti coloro che eseguono direttive emanate dalla Torre di Guardia. Esula dai nostri scopi presentare una storia, dolorosa e tragica, dell’uniformità nel cristianesimo. Si richiama solo qualche dato. Nel IV secolo Costantino impone ai vescovi una uniformità di pensiero (già allora scambiata per unità), chiudendo in parte la porta a studi e riflessioni bibliche. Nel XVI secolo la regina Elisabetta I decreta l’Act of Uniformity per far cessare l’altalena tra cattolicesimo e protestantesimo in Inghilterra. Oggi sembra diffondersi una vera mania dell’uniformità, che per mancanza di conoscenza biblica viene scambiata ancora per unità. Ad esempio, questa smania sembra colpire chiese che si danno persino appuntamento per fare tutti nello stesso giorno la stessa cosa, la medesima preghiera o la banale distribuzione di un volantino, forse pensando così di meglio attrarre l’attenzione con forme di propaganda organizzate. Si tratta forse di deboli tentativi di imitare o creare strutture organizzative centralizzate e forti? È possibile. In ogni caso, è chiaro che si ricerca l’uniformità, la quale ha poco o nulla a che vedere con l’unità di Giovanni 17. Parlare di unità quando si intende uniformità costituisce un abuso lessicale prima e biblico poi. 5. La Torre di Guardia non segue il Vangelo. Tutta la sua opera si fonda infatti su una struttura piramidale, fortemente accentratrice e monolitica. Questa struttura organizza i convegni (regionali, nazionali, internazionali), tiene le relazioni con gli Stati, controlla l’operato di tutti e di ciascuno, fornisce la letteratura che tutti sono tenuti a distribuire. Tutta questa superstruttura è perfettamente sconosciuta alla parola di Dio. Né Gesù né gli apostoli né i cristiani delle prime generazioni adottarono mai una struttura simile, nonostante avessero dinanzi agli occhi la struttura organizzativa verticistica fortissima del governo imperiale romano. I primi cristiani non la imitarono affatto, ma costituirono comunità di sorelle e fratelli. Il Vangelo della risurrezione si diffuse rapidamente non grazie alla potenza organizzativa ma grazie alla veracità del messaggio e all’opera umile delle prime comunità di credenti (Col. 1,23). Occorsero secoli perché si sviluppasse un’organizzazione che sarebbe sfociata più tardi (VI-VII secolo) nel papato. La forza della Torre di Guardia non sta nel messaggio di quel Vangelo che essa ignora, ma sta solo in una struttura propagandistica umana. Ovviamente la Torre di Guardia non è sola a mostrare questa tendenza spiccata alla superorganizzazione. La medesima tendenza e la medesima voglia di far sperperare energie economiche e morali in convegni ripetuti e continui la si riscontra pure in quelle chiese che più non s’accontentano di praticare il semplice modello comunitario del Nuovo Testamento. Vanno alla ricerca di una mutua rassicurazione, perseguendo una glorificazione tratta gli uni dagli altri senza avvedersi del pericolo mortale che si corre. Una domanda, fra le altre, che ci si dovrebbe porre è questa: “Qual è la cosa peggiore che può accadere alla chiesa?” H.-M. de Lubac (1896-1991) rispose con un ossimoro vero e terribile: “Il pericolo più grande per la chiesa è la mondanità spirituale”, vale a dire “è mettere al centro se stessi, è quel che Gesù vede in atto dai farisei: voi che date gloria a voi stessi, che vi date gloria gli uni agli altri”. La chiesa locale è grande “in Cristo” perché per il Vangelo essa è l’espressione piena, perfetta, completa della chiesa universale. Ma questa compiutezza non sembra bastare più, e anzi di fatto non basta più, perché si vogliono fare le cose più in grande. Gli esempi del Nuovo Testamento – ma anche la parabola della rana e del bue – hanno ben poco da insegnare a chi ama la mondanità spirituale. Lo scopo è – non si osa dirlo, ma è evidente nelle iniziative – nazionalizzare la chiesa, farla agire cioè non più a livello locale, secondo il Nuovo Testamento, ma a un livello ritenuto superiore, per esempio quello nazionale. Alla Torre di Guardia (e al Vaticano) è elegantemente riuscito di agire a livello globale, o quasi. Si tratta però di un’eleganza mondana, che promuove pur sempre strutture organizzative puramente mondane, estranee ai dati del Nuovo Testamento. 6. La Torre di Guardia non segue il Vangelo. Fa del tutto per attrarre l’interesse e l’attenzione della gente mediante convegni che intendono mettere in mostra la sua potenza numerica, anche attraverso il numero dei battesimi. Questi riti somigliano a momenti pubblicitari ben preparati, celebrati con una regia studiata ad arte per impressionare e colpire la fantasia dei convenuti e del pubblico. Nel Vangelo, invece, il battesimo è la conseguenza pratica spirituale della fede fiduciosa nella persona del Risorto (Atti 2,34-36); il battesimo è lieta accettazione dell’annuncio di Gesù fatta al momento stesso della comprensione del Vangelo e lontano dai riflettori (Atti 8,26.35b; 10,47-48; 16,30 ss.). Le opere buone, quindi anche il battesimo, non si fanno “per essere osservati dagli uomini” (Mt. 6,1 ss), ma per il Signore. I primi cristiani non organizzavano convegni e recite bibliche per poi procedere ai battesimi già preparati nei mesi precedenti pur di ottenere un trafiletto sul giornale o trenta secondi al telegiornale locale. Invece, secondo il Vangelo, chi esprimeva fede fiduciosa nel Signore risorto, subito si battezzava (Atti 16,33). Come mai? Perché si battezzava per Cristo, non per l’organizzazione e i suoi convegni; perché si affidava a Cristo, non alla Società Torre di Guardia; perché seguiva la norma umile di Gesù Maestro, non le direttive di un comitato. Lo stesso zelo nel mettere in mostra, nell’esternare sempre e comunque, sembra colpire chiese e persone le quali non appena battezzano qualcuno, sentono immediato il desiderio bruciante di far sapere la notizia urbi et orbi: condivisione di una propria scelta o esibizione da amplificare al massimo grado usando la via maestra, cioè internet? Come mai sembra che ai cristiani del XXI secolo non basti più meditare con semplicità sulla “gioia degli angeli in cielo” (ambito un poco più ampio di internet, Lc. 15,10) per il peccatore ravveduto, ma sembra che avvertano l’impulso irrefrenabile di catapultare il fatto in rete? La conversione, in questo modo, non rischia forse di perdere in un certo grado la propria natura specifica di rilegamento-a-Dio (= re-ligio) per acquisire un quid, un surplus, cioè la natura di legame-con-la-rete? La conversione non rischia cioè di scadere a evento mediatico? Evento così potente, umanamente parlando, da rischiare a sua volta di offuscare l’evento vero e reale che è quello più umilmente celeste? Come mai sembra che non basti più l’aspetto raro e pregevole del battesimo biblico, cioè l’elemento alto, divino della conversione? Non si corre forse il rischio serio dovuto all’effetto propagandistico e finanche al pericolo di esibizione usando in quel modo l’atto battesimale, che è invece pura unione intima con la morte e la risurrezione del Cristo? È biblicamente lecito ricercare l’effetto mediatico utilizzando un atto così importante dinanzi a Dio? Considerazioni sociologiche e pedagogiche pertinenti su uso e abuso della rete sarebbero possibili qui, ma esulano dagli scopi di queste righe. Sociologi e educatori sono comunque molto più attenti e scrupolosi nelle loro raccomandazioni sulla navigazione in rete di quanto lo siano certi nocchieri disinvolti. A ben vedere, forse non è escluso che dietro la metamorfosi del battesimo in evento mediatico si affacci la nota dottrina protestante del cosiddetto battesimo di testimonianza. Si ritiene, cioè, che il battesimo sia espressione, attestazione, dichiarazione – testimonianza, appunto – della fede-che-salva (cioè, che ha già salvato) il peccatore. Secondo il Vangelo, è vero che la fede fiduciosa nella persona del Cristo è essenziale alla salvezza (Gv. 3,36), ma è vero pure che il battesimo “innesta” il credente a Cristo, albero di vita (Rom. 11,17 e intero contesto a partire dal cap. 5); il battesimo è un “immergersi” nella morte di Cristo, per poi proseguire il cammino “in novità di vita” (Rom. 6,1 ss.), quella vita che scaturisce dalla “sovrabbondante grazia di Dio” (Rom. 5,20) accolta con fiducia (Rom. 3,21 ss.). Da tutto ciò emerge che il battesimo biblico non è fatto per testimoniare, ma è piuttosto “lavacro della rigenerazione” (Tito 3,5; 1 Cor. 6,11). La testimonianza del discepolo verrà poi, con la vita quotidiana che è culto spirituale (Rom. 12), esistenza vissuta continuando a ricercare “Dio con tutto il cuore” (Sl. 119,1 ss.), e non come vivendo un perenne reality show. Sulla metamorfosi del battesimo in evento mediatico, si propone una considerazione ulteriore. Il battesimo biblico è una preghiera agìta invece che pronunciata. Pietro infatti ne parla come della “richiesta di una buona coscienza fatta a Dio” (1 Pt. 3,21). All’azione del battesimo-preghiera è dunque più che lecito applicare i criteri insegnati da Gesù sulla religiosità vera contro quella verosimile. Prima di proseguire, il Lettore è esortato a meditare su quei criteri rileggendo almeno la prima sezione di Mt. 6,1 ss. Che a una o più persone possa accadere di battezzarsi assieme è fuori discussione. Ma che il battesimo di una o di cento persone diventi l’occasione propizia “per essere osservati dagli uomini” è solo un mezzuccio per rischiare seriamente di perdere il “premio presso il Padre” pur di ricercare “l’onore degli uomini”. E non consiste appunto in questo l’evento mediatico sciorinato sulle “piazze” di internet o agli stadi? Se coi battesimi si vuole impressionare il mondo, lo scopo sembra ottenuto. Ma Dio è presente o contumace? Condivisione o esibizione? 7. La Torre di Guardia non segue il Vangelo. Essa infatti inculca ai propri fedeli una concezione esclusiva ed escludente della salvezza: o si è testimoni di Geova o si è dannati, cioè destinati a distruzione. Un simile esclusivismo – frutto forse di fanatismo? – non lo possono mai pretendere coloro che seguono i criteri e i princìpi del Signore. La storia insegna che l’esclusivismo dei gruppi religiosi (chiese, movimenti) fu responsabile di genocidi (conquistadores nelle Americhe), di guerre di religione (XVI secolo) e di altre simili cose, ben poco religiose. Gesù stesso non sembra amare affatto l’esclusivismo. È vero che egli afferma “chi non è con me è contro di me”, ma è vero pure che quando i discepoli lo informano di aver vietato a un tale di fare opere buone perché quell’uomo non era discepolo di Gesù, il Maestro risponde sapiente: “Non glielo vietate, poiché non c’è alcuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e che subito dopo possa dir male di me. Poiché chi non è contro di noi, è per noi. Perché chiunque vi avrà dato un bicchier d’acqua in nome mio perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà affatto il suo premio” (Mc. 9,38 ss.). Quando un intero villaggio di samaritani rifiuta di accogliere Gesù, Giacomo e Giovanni propongono di distruggerlo col fuoco del cielo (Lc. 9,51 ss.). Che Giacomo e Giovanni fossero membri del primo Comitato Direttivo? C’è da dubitarne. Fatto sta che meritano entrambi la “sgridata” di Gesù (Lc. 9,55). Evidentemente Colui che è venuto a proteggere “il lucignolo fumante” e a raddrizzare e curare la “canna rotta” non intende distruggere, bensì contribuire alla cura e guarigione della persona umana tanto bisognosa d’aiuto. La Torre di Guardia si arroga un giudizio che non le compete. Il discepolo di Gesù cerca qui e ora di giudicare con giusto giudizio e non secondo l’apparenza (Gv. 7,24), ma lascia a Dio il giudizio definitivo su cose e persone (1 Cor. 4,5). L’esclusivismo religioso (religioso?) non è peculiare alla Torre di Guardia. È ben noto nella chiesa cattolica e in quelle chiese in cui l’esclusivismo è funzionale al controllo dei fedeli. “Solo Noi” (Sinn Féin) era il nome di uno storico partito nazionalista irlandese, che ebbe le sue ragioni per voler escludere gli inglesi dall’Irlanda. Ma la stessa concezione trasferita in ambito religioso sarebbe sintomo di claustrofobia mentale, in opposizione all’ottimo progetto unitario universale al quale Dio chiama gli uomini pur nel rispetto della libertà personale (Ef. 1,10; 2,14 ss.). 8. La Torre di Guardia non segue il Vangelo. Una volta entrati all’interno del sistema della Torre di Guardia non è più possibile discutere. Nessun insegnamento della Torre di Guardia può essere sottoposto a critica o a discussione da parte del testimone di Geova. Il Comitato Direttivo si ritiene evidentemente infallibile – nonostante, come sopra accennato, abbia fallito molte volte clamorosamente. Al contrario, l’insegnamento degli stessi apostoli poteva (e può) essere sottoposto al vaglio della Scrittura. Anzi, coloro che fanno così sono addirittura lodati da Luca (ispirato da Dio, Atti 17,11). Persino una certa pratica di Pietro viene ripresa pubblicamente da Paolo (Gal 2,11 ss.). Per i discepoli di Gesù ciò che vale è eliminare l’ignoranza mediante lo studio attento e umile della Scrittura (2 Pt. 1,13-21; 3,16b). La Torre di Guardia non è sola, purtroppo, ad accampare la pretesa infallibilista. Pure la chiesa cattolica la conosce, anche se la usa con accorta parsimonia. Ma la situazione è per lo meno analoga in chiese che – dedite un tempo allo studio serio della Scrittura – sembrano cavalcare oggi la più comoda onda proselitistica. La parola d’ordine è: evitare discussioni. In nome di un amore di Dio malamente inteso, si evita di fatto anche lo studio accurato del testo biblico. Non si rischia in tal modo di limitarsi alla ripetizione di pratiche e dottrine, proprio come fanno gli amici testimoni di Geova? Non è pericoloso affidarsi alla prassi secondo cui tutti fanno... quel che fanno tutti? Chi osa discutere viene ignorato e/o ostracizzato. Il biblista C.M. Martini auspicava che i credenti fossero persone pensanti. Desiderio condivisibile. Ma è un fatto che chi pensa e esamina la Bibbia in libertà rischia di essere visto come strano perché fuori del coro, o di essere considerato eretico. Non importa, la sapienza viene comunque giustificata dalle sue opere. Occorre umilmente ubbidire al Signore che nel Vangelo parla al cuore di tutti, anche di chi non ha da difendere dottrine particolari. L’infallibilismo, anche quello della Torre di Guardia, è in disarmonia col Vangelo. Scopi, strumenti e criteri della Torre di Guardia sono purtroppo ben lontani da quelli evidenziati nei comportamenti e negli atteggiamenti delle persone umili di Betlemme, Nazaret e Betania: qui e non altrove i credenti possono trovare modelli buoni, criteri sani, princìpi fondati. Scopi, strumenti e criteri della Torre di Guardia sono propri di chi mira a conquistare e dominare il mondo. C’è chi lo vuole dominare con gli eserciti e c’è chi vuole dominarlo in nome di Dio. La logica è la stessa, quella dettata dall’orgoglio presuntuoso dell’uomo, che per i propri fini è capace di adoperare persino Dio. È necessario non farsi irretire da questa logica e dal sistema che ne consegue. Bisogna non imitarla: non imitarla mai e in nessun caso. È davvero necessario tornare alla sapiente umiltà del Vangelo, alla semplicità del Nuovo Testamento. È necessario tornare ad ascoltare e praticare il consiglio di Dio che ci insegna quale deve essere l’atteggiamento predominante nei credenti: “...non aspirate a cose alte, ma lasciatevi attrarre dalle umili”(Rm. 12,16). Si eviti quindi ogni tentativo di accentramento e ogni tendenza alla mondanità spirituale, a una azione nazionalizzata (e persino mondializzata) dei credenti. È necessario gettare alle ortiche la logica tutta umana del controllo e dominio sugli altri, per attuare per fede la logica del servizio. Bisogna aprirsi con fede fiduciosa alla signoria di Cristo Gesù, altrimenti la chiesa non sarà espressione del regno Suo, ma sarà il dominio di pochi, ricchi e privilegiati, che fanno ciò che vogliono perché gli ingenti mezzi materiali a loro disposizione glielo consentono. A quanti si arrogano il diritto – o la pretesa – di esser guide, organizzatori, comitati, direttori, il Vangelo ricorda la sua prima regola minima, purtroppo l’ultima ad essere considerata: è peccato strangolare la buonafede dei “piccoli” che si affidano a Gesù (Mt. 18,1 ss.). Forse è bene tener presente che, agli occhi del Signore, non sono i risultati numerici (economici, immobiliari, proselitistici) che contano, altrimenti, se così fosse, chi mai non sarebbe trovato in difetto? Per il Signore ciò che conta davvero è aver agito secondo le regole: “Quando uno sostiene una gara, non riceve la corona se non ha gareggiato secondo le regole” (2 Tim. 2,5). Forse le “regole” sono andate perdute? o sono state dimenticate o trascurate? Non sarà forse il caso di riprenderle in mano, riesaminarle con cura e tornare a gareggiare secondo la norma del Signore espressa graficamente nel Nuovo Testamento? Gli amici testimoni di Geova seguono acritici il sistema e la logica della Torre di Guardia (sistema imitabile, e di fatto imitato). Fra loro, molti “piccoli” non si avvedono purtroppo di cadere così dalla padella dell’italica ignoranza biblica nella brace di un neopuritanesimo della cravatta e della gonna sotto il ginocchio. Ad avvalorare il sistema stanno le proprietà immobiliari, le percentuali e i numeri, come le centinaia di battesimi preparati e amministrati ogni anno. Ma il criterio economico e numerico, perseguito così bene dalla Torre di Guardia – ma meno bene imitato –, è estraneo alla parola di Dio. Quel criterio costituisce pertanto un marchio evidente e significativo di perseveranza nell’errore. Agli amici testimoni di Geova auguriamo di cuore che essi stiano fra coloro che “non sanno quello che fanno”. Potranno così sperare – come tutti noi altri esseri umani – di trovare perdono presso il Padre grazie all’accorata preghiera di Gesù sulla croce. Consigliamo loro di abbandonare subito la Società Torre di Guardia. Forse ciò li farà sentire per qualche tempo come pecore senza pastore. Ma è proprio quando ci riconosciamo perduti e sbandati che siamo più che mai pronti ad accogliere il Pastore e Vescovo delle anime nostre. Auguriamo loro di tutto cuore di riuscire ad aprire gli occhi, per rimuovere il velo di tale e tanta incomprensione, convertendosi all’unico Signore Donatore di libertà vera (1 Pt. 2,25; 2 Cor. 3,16 s.). Talvolta occorre dire ciò che si ritiene sia la verità, e resistere, resistere, resistere a menzogne e banalizzazioni proposte e attuate come fossero prassi cristiane. “Io parlo come a persone intelligenti, giudicate voi ciò che dico” (1 Cor. 10,15). Se queste parole si attagliano agli scritti di Paolo apostolo, ispirato da Dio, quanto più esse si addicono a queste sparse noterelle di chi cerca di ragionare alla luce del Vangelo, senza gettare alle ortiche il buon senso. Lettore perspicace è colui che, fra l’altro, evita i vicoli angusti e maleodoranti dello scetticismo indifferente, per camminare sui pascoli solari e salubri del confronto con il testo biblico. ___________________ Si offre agli interessati la possibilità di conversazioni per approfondire la conoscenza di Cristo Gesù e imparare la fiducia in lui mediante il Vangelo. Saremmo lieti di ragionare anche sul tema qui presentato, illuminati dalla luce meravigliosa della Scrittura. Per appuntamenti rivolgersi ai riferimenti indicati.

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