Riflessioni

Meditazione

Repetita iuvant   L’antico detto latino repetita iuvant, cioè “le cose ripetute giovano”, fa al caso nostro quando riflettiamo sullo scopo fondamentale della chiesa oggi e su quello che è stato e sarà lo scopo di questa comunità. Scopo niente affatto originale, ma necessario e urgente.   Giacomo, fratello di Gesù, ci ricorda nella sua epistola ispirata da Dio che nessuno può osare dire di essere tentato da Dio. Dio, infatti, non tenta alcuno né egli stesso è tentato dal male. Ognuno invece è tentato dalla propria bramosia che lo attrae e lo adesca. Poi la bramosia concepisce il peccato e il peccato, una volta compiuto, produce la separazione mortale dal bene e quindi da Dio (Giac. 1). Il peccato non è dunque esterno alla persona umana, ma prodotto al suo interno. L’analisi seria di Giacomo richiama le parole di Gesù.   Quando i discepoli erano stati rimproverati dai farisei per aver mangiato spighe di grano senza essersi prima lavati accuratamente le mani a scopo religioso, Gesù risponde che non è ciò che entra nell’uomo che lo può contaminare. Il cibo, infatti, entra nello stomaco e se ne va nella latrina, mentre è dal di dentro, dalla mente della persona che fuoriescono cattiverie, malignità, maldicenza, sguardo cattivo, fornicazioni, bugie, oltraggi, richieste esose, imposizioni e forzature sugli altri, mancanza di rispetto per l’altro, ubriachezze, profitti indebiti, smoderatezze, vanagloria, insolenza, spietatezza, presunzione, ignoranza (Mc. 7; Rom. 1; 1 Cor. 5). Il peccato non è esterno all’uomo, bensì interno a lui.   Giovanni, apostolo dell’amore di Dio, offre ispirato da Dio una definizione di peccato come trasgressione della legge divina, ma ricorda ai credenti che Gesù è stato manifestato proprio per togliere i peccati, ecco perché il discepolo continua a purificarsi perché nutre la speranza certezza di vedere Dio (1 Gv. 3)! Questa purificazione continua si attua grazie al sacrificio di Gesù che continua a purificare chi umilmente si pente e confessa le proprie mancanze (1 Gv. 1-2). Giacomo, ancora lui, sembra quasi fare eco a queste parole quando ricorda che il peccato è anche omissione di un bene da compiere, per cui chi sa fare il bene e non lo compie commette peccato (Gc. 4).   Ma gli scrittori del Nuovo Testamento, pur non ignorando la condizione della persona umana, errante, tragicamente lontana da Dio a causa del peccato, morta nel peccato, ricordano con i loro Scritti ispirati da Dio che Gesù è l’agnello del Signore per il perdono dei peccati di molti (Gv. 1). Gesù viene davvero per cercare e ritrovare e salvare la persona umana che era morta (Lc. 19).   Solo Gesù è in grado di curare il malato dentro, di produrre vita nuova nella persona umana (Tito 3,3 ss.). Come ha recentemente notato il neurologo e psichiatra di fama mondiale, Vittorino Andreoli, l’uomo moderno ha imparato a vivere senza senso di colpa. E non vive bene, né in rapporto a se stesso né in rapporto agli altri. Solo Gesù è in grado di curare il senso di colpa, trasformandolo in amorevole senso di responsabilità.   Oggi più che mai occorre ripetere l’invito di Gesù alla trasformazione interiore espressa nell’invito finale della Bibbia secondo il quale lo Spirito del Risorto e la chiesa del Signore propongono alla persona umana questa alternativa al vuoto della società: «Chi ha sete venga: chi vuole, prenda in dono l’acqua della vita» (Apoc. 22,17). Ecco il segreto della vita vera, e beati sono coloro che vogliono scoprirla e farla propria. Lo scopo di questa comunità è di riproporre cordialmente questo invito alla vita in Gesù a chi è assetato e a chi ha la volontà di imparare Gesù.   chiesa di Dio in Cristo Gesù, Pomezia – 6 gennaio, 2007 (r.t.)       

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