Riflessione, ottobre 2008
Il Crocifisso e i crocifissi
Tanti auguri al cadavere
In Italia non pochi lamentano i tentativi di rimuovere dai luoghi pubblici il Crocifisso. Anni fa il Presidente Ciampi, pur tenendo una visione laica dello Stato, affermò che il Crocifisso è un simbolo culturale da mantenere nei luoghi pubblici. Aderiva così a questa sentenza del Consiglio di Stato: il Crocifisso deve restare nelle aule scolastiche non perchè sia un «oggetto di culto», ma perchè «è un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili» (tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti, etc...) che hanno un'origine religiosa, ma «che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato» (Corriere della Sera, 15/02/2006).
È noto che storicamente i primi cristiani non appendevano il Crocifisso nei loro luoghi di riunione. Per ritrovare l’uso del Crocifisso occorre infatti arrivare al quarto secolo. È l’epoca degli imperatori Costantino e Teodosio, che impongono il cristianesimo ai pagani, i quali si convertono per forza di legge, per evitare serie conseguenze socio-economiche se restassero non-cristiani. Fu il secolo che vide le immagini “sacre” adottate dai cristiani; agli déi pagani si sostituirono “santi” e “martiri” da venerare. Fu l’inizio del culto dei morti, una delle più forti deviazioni dal Vangelo.
Oggi il Crocifisso è appeso nei luoghi pubblici; d’oro o di brillantini, pende pure dai colli di molte donne coi seni semiesposti: modestia o sfacciata volgarità? Ma per queste cose non si lamenta nessuno. Ciò che è strano è che nessuno, ma proprio nessuno, sembra occuparsi e preoccuparsi del fatto che nella nostra cristiana società, quasi ossessionata dal Crocifisso, nel frattempo, silenziosamente, da secoli, è stato rimosso non il Crocifisso, ma il Risorto! Nessuno sembra nutrire più alcuna fede nel fatto della resurrezione di Gesù. Nessuno si affida al Risorto, né si vive la vita quotidiana in base alla realtà del Risorto. Le relazioni personali non sono frutto della fede nel Risorto, ma di crude norme sociali. Né nella salute né nella malattia, né durante la vita né al momento della morte la gente si volge al Risorto. Eppure Lui è l’Unico che ha la Vita!
Così, seppellito il Risorto, le masse vengono indirizzate verso la celebrazione del quarantesimo del cadavere del santo. Tanti auguri. Il vecchio attualissimo culto dei morti si rinnova. Ma sarà giusto tenersi in petto il Crocifisso e seppellire il Risorto?
I crocifissi
Non lo si è capito subito. Perché i disgraziati ganesi di Castel Volturno (L’infedele, La7, 29.09.2008) parlavano un afro-inglese gutturale, difficile da intendere anche per un anglofono. Però l’hanno detto chiaro. Non ce lo hanno mandato a dire. L’hanno detto papale papale. L’hanno detto con i loro volti neri lucidi, i denti candidi. Non l’hanno detto in malo modo. L’hanno pronunciato ad alta voce, e con un certo pudore tribale nell’atteggiamento. L’hanno detto con delusione cocente: ITALIANS ARE NOT CHRISTIANS. GLI ITALIANI NON SONO CRISTIANI.
Quando hanno iniziato il viaggio della speranza disperata verso l’Italia, i ganesi sapevano che le cose sarebbero state difficili. Che sarebbero stati usati e abusati lavori massacranti, mal pagati. Che avrebbero dovuto sputare sangue per decenni, forse per una generazione intera, come fanno tutti gli emigranti, prima di vedere qualche lira, con sudore e fatica immane. Ma questo non se l’aspettavano: sfruttamento dei “padroncini”; abbrutimento; ammassamento; ghettizzazione; razzismo; crocifissione; schiavitù.
E quando non ne hanno potuto più di dire “sindacato”, di sperare in un “patronato”... quando non ne hanno potuto più di mandare giù bocconi di fiele, allora l’hanno detto. Se ne sono accorti. E l’hanno detto nel loro inglese da giungla: che l’Italia è giungla. Che ITALIANS ARE NOT CHRISTIANS. Che GLI ITALIANI NON SONO CRISTIANI.
Ci siamo fatti riconoscere. I disgraziati del terzo mondo ci hanno inquadrato. Ci hanno detto quello che tentiamo di nascondere a noi stessi: che GLI ITALIANI NON SONO CRISTIANI. È frase da disperati. È parola di chi non sa più che dire di fronte a tale e tanta mancanza di bene. È frase apocalittica. Gli italiani non sono cristiani non perché mancano del battesimo e degli altri sacramenti; non perché non vanno in chiesa. Le forme della religione ce le hanno tutte. Ma rinnegano la potenza liberante del Vangelo. Negano nei fatti di amare Dio con tutti se stessi e di amare il prossimo come se stessi. Il Vangelo può sconfiggere ogni forma di schiavitù perché Dio è contro ogni forma di schiavitù. Ma Dio è ignorato e tradito da GLI ITALIANI. CHE NON SONO CRISTIANI.
Non è una frase in sindacalese o in politichese. Non è una frase comunista, fascista, liberista o conservatrice. È una frase mutuata dalla Bibbia. Parole di fuoco. Nette come taglio da lama d’acciaio a doppio filo. Questi neri, pagani, barbari, protestanti-cristiani, cattolici-cristiani, musulmani, ci hanno riconosciuto: GLI ITALIANI NON SONO CRISTIANI. La loro frase è l’ultimo degli appelli possibili, perché è l’appello schietto al Dio dei cristiani. E questo Dio, dai tempi dei tempi, è sempre stato dalla parte degli schiavi. Per liberarli.
Agli italiani adesso non resta che una sola possibilità: RAVVEDERCI e trattare bene il prossimo. O avremo a che fare con Dio. E con Lui sono cavoli amari, perché Dio ama i crocifissi. Ma odia chi crocifigge.
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